BASSIGNANI, UMBERTO
di Amedeo Benedetti
Lo scultore Umberto Bassignani nacque a Fivizzano il 29 agosto 1878, da un modesto decoratore, Pietro, e da Zelinda Babbini. Frequentò solamente le scuole elementari, presumibilmente a Fivizzano. Una volta appresi i primi rudimenti artistici dal padre, fu inviato a Genova alla scuola dello scultore simbolista Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato, 1859 – La Loggia, 1933), a quel tempo impegnato nel capoluogo ligure nella realizzazione di importanti opere al Cimitero monumentale di Staglieno. L’intero Cimitero costituiva inoltre per un giovane apprendista un’ottima scuola, grazie al gran numero di opere pregevolissime di notevoli artisti.
Di carattere irrequieto e piuttosto ribelle, Bassignani aderì inizialmente agli ideali anarchici, e svolse propaganda attiva presso gli operai genovesi attraverso il giornale “Combattiamo”, di cui – a detta delle autorità di polizia – fu collaboratore, attività che gli costò comunque la schedatura il 26 agosto 1900 come « ascritto al partito anarchico. Precedentemente […] affigliato al partito socialista ». (Prefettura di Massa, Schedatura politica del 26 agosto 1900, Fascicolo di U. Bassignani.)
Per questa sua presunta attività sovversiva fu poi arrestato con sentenza del 7 dicembre 1900 del Tribunale di Genova, e tradotto in carcere per quattro mesi, con l’accusa di “associazione a delinquere”, ma scarcerato per un’amnistia pochi giorni dopo.
Sempre nel capoluogo ligure frequentò successivamente i corsi dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, a cui fu ammesso nel novembre 1901. Nonostante la buona riuscita nella scuola non riuscì successivamente a trovare lavoro, e rientrò quindi nella nativa Fivizzano.
Nella cittadina lunigianese si sposò con Elvira Signanini. Scolpì nel periodo diverse versioni di un altorilievo in onore dell’onorevole Ernesto Artom (Asti, 1868 – Roma, 1935), che era stato eletto il 6 novembre 1904 nella XXII Legislatura nel Collegio di Castelnuovo Garfagnana. Si occupò poi nel 1907 del Monumento al poeta Labindo (Giovanni Fantoni), massima gloria locale.
Su di una base quadrangolare un pilastrino di marmo dell’altezza di circa 3 metri e mezzo, alla cui sommità collocò il mezzo busto di Labindo, dai lineamenti nobili e fini, nell’atto di discorrere. I gesti ampi e perfettamente calibrati delle mani (la destra a tenere il segno in un libro, la sinistra aperta a palmo in alto, a sottolineare l’evidenza del concetto espresso) richiamavano con grande naturalezza l’eloquenza del personaggio. (A. Benedetti, Vita e opere di Umberto Bassignani, scultore, Pisa, Il Campano, 2015, p. 14)
Il Comune di Fivizzano commissionò a Bassignani anche una grande scultura per il locale Cimitero, di cui lo scultore realizzò solamente il magnifico bozzetto in gesso. Si trattava evidentemente di una Resurrezione dei Morti, di difficile esecuzione.
Il tema iconografico prevedeva il “rialzarsi" (gr. ἀνάστασις) dei morti, il ritorno della vita nel cadavere, la sua rianimazione. L’artista addensò la sua scena al centro di una lastra di foggia rettangolare, lasciandone vuoti i margini, e raffigurando al centro il groviglio dei corpi resuscitati emergenti dalla terra. Le figure, realizzate con definizione in primo piano, divenivano realisticamente sempre più indistinte nelle file dei risorti più lontane. I personaggi apparivano accalcati, confusi, spaventati, in spietata competizione tra loro (in questo stava uno dei motivi più originali dell’opera), senza alcuna espressione di gioia per la mutata condizione, visto che dovevano ancora subire il Giudizio Divino, che li avrebbe destinati al premio od al castigo eterno. La calca – dal sapore d’inferno dantesco – era resa benissimo dal bestiale avvinghiarsi dei corpi per emergere del tutto dalla terra, dalle contorsioni dei corpi per divincolarsi, dallo spinger via chi costituisse ostacolo, dall’afferrare chi, più in alto, poteva costituire valido appoggio. […] L’ideazione particolare dell’opera presupponeva peraltro un’ottima capacità di astrazione ed una meditata e profonda rivisitazione della storia dell’arte. (A. Benedetti, op. cit., pp. 15-16)
A Fivizzano lo scultore lasciò anche un’altra sua piccola opera, un bassorilievo per l’antica farmacia Clementi, dove era raffigurata l’arte farmaceutica (nelle sembianze di una procace e discinta figura femminile), che teneva in mano il serpente ippocratico, da sempre simbolo della medicina.
La cittadina natale non poteva comunque offrire allo scultore la vasta clientela di cui aveva bisogno, e così nella primavera 1907 Bassignani si trasferì nel Principato di Monaco, dove aprì uno studio più che dignitoso, con ampie vetrine, nel centrale Boulevard Charles III.
Tra le prime iniziative che il fivizzanese intraprese in terra monegasca, vi fu la partecipazione al concorso per la realizzazione di un monumento a Calvino, a Ginevra, ma la proposta non ebbe fortuna. Ebbe invece successo, tanto da essere ricordato dal giornale “Le Petit Monegasque”, un altorilievo predisposto a ricordo della morte di una fanciulla di un’importante famiglia di Monaco, premiata con medaglia d’oro all’Esposizione di Torino del 1909. Nella primavera del 1910 Bassignani partecipò al concorso per l’erezione dell’importante Monumento dei Mille a Quarto, ma anche in questo caso la sua proposta venne scartata, e giustamente vista la sua eccessiva complessità.
Vinse il concorso, com’è noto, Eugenio Baroni (Taranto, 1880 – Genova, 1935), la cui opera presentava un basamento a forma di tronco di piramide, dal cui vertice usciva fuori un gruppo quasi informe di uomini che in parte aderivano ancora alle pareti scabre, uomini gagliardi aggruppati e allacciati gli uni agli altri, dominati e sovrastati dalla figura avanzata del trascinatore, del condottiero, dal petto leonino e dalle spalle possenti. L’opera di Baroni avrebbe costituito in seguito un modello per il fivizzanese, che non avrebbe più ripetuto gli errori compositivi commessi in questo concorso.
Nel Principato di Monaco, Bassignani iniziò a produrre a partire dal 1911 tutta una serie di opere che avrebbero da sole qualificate il locale Cimitero come “monumentale”, ciascuna diversa dalle altre, e qualcuna di concezione assolutamente originale. Tra queste vanno ricordate le tombe del bambino Benvenuto Abba, del militare Jean Auttier “mort pour la France”, dell’importante famiglia Sylvain Barral, di H. [Henri François?] Bergeaud, di Marie-Thérèse Audibert, di Louis Prouven, del piccolo René Rapaire.
Rimasto sempre cittadino italiano, ed in età ormai matura, inizialmente Bassignani non era stato toccato dalle vicende della Prima guerra mondiale; ma nel maggio 1917 fu richiamato in patria, all’età di trentanove anni, per essere aggregato alla Brigata Modena, e precisamente al 42° Reggimento Fanteria. Lo scultore si ritrovò così di colpo immerso in alcune delle battaglie più sanguinose della Grande Guerra. La Brigata partecipò alla undicesima battaglia dell’Isonzo, per poi combattere nel tratto M. Asolone – quota 1476, nel settore orientale del Grappa, nella battaglia del Piave, di nuovo nella zona del Grappa, nella regione del Roccolo, nel M. Avena e Ponte della Serra, inseguendo poi nei giorni successivi le colonne nemiche in ritirata, catturando uomini e materiali.
La Grande Guerra era quindi finita, e Bassignani – scampato alle sanguinose battaglie descritte – tornò al suo atelier nel Principato, dove realizzò altre tombe di notevolissima fattura, tra le quali vanno almeno ricordate quelle della diciannovenne Yvonne Cappelletti, e della giovane Marie Giroud.
Intanto il termine della Grande Guerra aveva portato la volontà in Italia di celebrare la vittoria attraverso una gran quantità di monumenti, che sorsero un po’ dovunque. Era naturale che pure Fivizzano, che ebbe a patire nella prima guerra mondiale oltre trecento caduti, desiderasse erigere un monumento a quei tanti suoi figli che non erano tornati dalle sanguinose battaglie del conflitto. Ed altrettanto naturale era che l’amministrazione di Fivizzano si rivolgesse per un tale monumento ad Umberto Bassignani. Egli predispose così disegni, bozzetti e modelli in grandezza d’esecuzione, per un monumento che avrebbe dovuto inaugurarsi nel 1921. L’opera di Bassignani teneva conto dell’esperienza maturata nel decennio precedente relativa al monumento di Quarto.
Il basamento aveva infatti ora forma di tronco di piramide, dal cui vertice – nella parte frontale – prorompeva una sola grande figura alata (la Vittoria), atletica, a petto nudo, nell’atto di avanzare possente ed impetuosa, a testa alta, con il braccio destro teso in alto a reggere la fiaccola della libertà, il sinistro ad impugnare uno stendardo con l’asta piantata a terra. […] La visione dello spettatore convergeva ora necessariamente sulla figura della Vittoria (a differenza dell’infelice tentativo di Quarto, dove lo sguardo girava sui vari particolari senza soffermarsi particolarmente su qualcuno di essi), rendendo peraltro chiarissimo il concetto che sottintendeva l’opera. (A. Benedetti, op. cit., pp. 31-32)
Purtroppo a cambiare del tutto il corso degli avvenimenti intervenne il catastrofico terremoto che colpì la Lunigiana il 7 settembre 1920, terremoto che inflisse alla cittadina toscana un gran numero di morti (30), oltre 300 feriti, moltissimi senzatetto, ed enormi ferite al patrimonio architettonico. Bassignani stesso rimase lievemente ferito, permanendo sotto le macerie per due giorni. Così la realizzazione del suo monumento venne rimandata a data da destinarsi. Proseguì così nel cimitero monegasco la sua attività, che gli fece vincere nel marzo 1921 una medaglia d’oro per la sua partecipazione all’Esposizione del Salone del Principato di Monaco.
Tutto il lavoro preparatorio per il monumento ai caduti nella sua cittadina d’origine, era destinato a non andar perduto: il 15 luglio 1921 il quotidiano veneto “Il Gazzettino” recava l’avviso di un concorso pubblico per la realizzazione di un monumento a memoria dei caduti nella Grande Guerra del comune trevigiano di Vazzola.
Per Bassignani il concorso di Vazzola rappresentava una straordinaria opportunità, avendo già pronto il progetto del monumento analogo che non aveva potuto realizzare a Fivizzano.
Il fivizzanese partecipò pertanto alla gara, dando come motto dell’opera “Siamo passati”, vincendo il concorso nell’autunno 1921. L’opera, dopo vari ritardi e vicissitudini, fu ultimata ed inaugurata nel maggio 1923.
Lo scultore aveva intanto realizzato altre pregevolissime tombe nel cimitero monegasco, tra cui vanno ricordate quelle di Amélie Amoretti, di Marie e Joseph Barbotto, di Umberto Rossi. Del periodo è anche il Monumento ai caduti della cittadina di Peille, non distante dal Principato di Monaco, inaugurato il 29 luglio 1923, costituito dalla statua a grandezza naturale di un soldato proprio nel momento in cui viene colpito a morte, ed inizia la sua caduta all’indietro.
Attorno al 1924 lo scultore ebbe a patire la morte del primogenito Leonida, appena diciottenne. Gli rimase quindi l’altro figlio, Leonardo, che condivise con lui l’amore per la scultura e l’arte, distinguendosi nella lavorazione della creta.
Nel periodo successivo al 1924 Bassignani si dedicò, sempre nel cimitero del Principato, alla realizzazione delle tombe di Antoine Gaillard, di Xaviere Sorasio (in bronzo), di Jeanne Novaro Icardi, di Marie Nigro Vascellari, uno dei suoi capolavori.
Lo scultore fivizzanese la rappresentò a tutto tondo, a grandezza naturale, avvolta in una tunica di classica memoria. Marie risultava seduta, ma piegata di lato come a straniarsi evitando lo sguardo diretto del visitatore, assorta dalla lettura di un libro, la fronte ampia, il capo appena rialzato ed appoggiato alla mano a meditare l’ultimo passo letto, l’espressione lievemente sorridente di chi è compiaciuto per quanto ha appena appreso. E quanta volontà l’artista riusciva a comunicare al suo soggetto, modellando il piede destro di Marie ancora nell’atto di ruotare, dando al visitatore l’impressione che quella posa ritrosa fosse stata appena assunta! L’impressione generale che comunicava la statua di Bassignani non era legata alla rievocazione delle attitudini culturali passate della defunta, ma alla sua condizione presente. La morte stessa sembrava non interessare e non esistere per Marie, unicamente desiderosa di non esser distolta dalle amate letture. Continuava così in qualche modo a vivere, non per religioso premio (è da notare l’assenza di simboli religiosi, e la presenza della “laica” tunica), ma per l’intensità del suo desiderio di perpetuare il piacere della lettura. (A. Benedetti, op. cit., p. 54)
Altre magnifiche realizzazioni furono quelle relative all’ultimo rifugio di Marie Jeanne Battaglia, di Henri Arena, della famiglia Bauscher. Nel 1929 venne poi realizzata una statua di Giovanna d’Arco, a grandezza naturale, per la città di Saint Quentin, che sarebbe stata inaugurata nella cittadina piccarda il 17 agosto 1930. La santa / guerriera era raffigurata in piedi, composta, una mano sulla spada e l’altra reggente la croce.
La rivista «Rives d’Azur», nel numero del 31 ottobre 1929, parlava poi de “La Douleur”, « une belle tombe sortant de l’atelier de M. Bassignani statuaire a Monaco » (Treizième Année, n. 272, 31 ottobre 1929, copertina). L’opera era commissionata dalla famiglia Iabblochoff di Rostov sul Don, dove presumibilmente finì.
Seguirono altri monumenti tombali di grande effetto nel Cimitero del Principato di Monaco, come quelli dell’atleta italiano Augusto Maccario, (Ventimiglia, 1890 – ivi, 1927), grande mezzofondista che ai Giochi Olimpici di Anversa del 1920 si era piazzato quarto nella gara dei 10.000, vinta dal leggendario finlandese Paavo Nurmi.
Sul finire degli anni Venti, il Comune di Monaco (su iniziativa del Comité des Traditions Locales) assegnò a Bassignani l’incarico di collocare in una piazzetta laterale alla cattedrale una statua dedicata al patrono della comunità, Saint Nicholas, che venne ultimata ed eretta sempre nel 1930, nel periodo natalizio. Il prestigioso incarico mostra come la fama dell’artista fivizzanese fosse ormai localmente più che consolidata.
La statua, a figura intera ed a grandezza naturale, sormontava una bella fontana preesistente. Il santo era rappresentato in piedi, in paramenti vescovili, la gran barba, i lineamenti severi e ieratici, la posa rigida ma naturale e piena d’energia, con in mano il bastone pastorale, ed ai piedi una tinozza con tre bambini dentro, che il santo pareva proteggere estendendo su di essi la mano sinistra (ricordo della tradizionale leggenda che voleva il santo aver resuscitato tre bambini che un macellaio aveva ucciso e messo sotto sale per rivenderne le carni). La figura riusciva a trasmettere una grande impressione di forza. Si trattava quindi di un monumento di ottima fattura, che esaltava il concetto di Saint Nicholas nella veste di protettore di bambini (non a caso San Nicola diventò il Santa Claus dei paesi nordici, e cioè Babbo Natale) e, per estensione, dei cittadini monegaschi. (A. Benedetti, op. cit., pp. 56-57)
Intanto a Fivizzano, distrutta dal terremoto del 1920, la vita riprendeva, e con essa la voglia di celebrare i propri caduti in guerra. Così si tornò a parlare del monumento di Bassignani, e a realizzarlo. Nel 1930 la cittadina lunigianese ebbe quindi il proprio Monumento ai caduti, esatta copia di quello di Vazzola, collocato in una piazza antistante la Porta di Sotto della cittadina toscana. La solenne inaugurazione vide la presenza del Prefetto di Massa Festa, del senatore Quartieri, dell’onorevole De Nobile, del Vescovo di Pontremoli Sismondo, del Podestà del Comune Mannelli.
Le ultime grandi opere di Bassignani realizzate nel cimitero monegasco furono le tombe di Yvonne Rigoli, di Madeleine Louise Massobrio, di A. Maria Vascellari, e la cappella S. Georges.
Le opere descritte nel presente volume non coprono che una parte del catalogo artistico dello scultore, che – come dimostra il suo album fotografico oggi in possesso delle nipoti dell’artista (a sua volta non esaustivo) – compose molte altre opere, in parte ormai di ignota ubicazione, di cui è opportuno fare almeno cenno: un monumento per una piazza di Buenos Aires; una particolare panchina nella villa Mont-Angel a Gorbio; le tombe Durel, Bonfantini, Bongioanni nel cimitero di Nizza; una Madonna sempre per la città di Nizza (di cui scrisse compiaciuto al fratello: “Se forse non ho raggiunto la vera Madonna, pazienza; ma mi sembra di essermici avvicinato molto”); il sensuale nudo femminile di Nanà, “affiorante” da un blocco di marmo; una statua in costume monegasco; una gran serie di busti di personaggi più o meno famosi: il principe Frederick Duleep Singh (conosciuto col nome di Prince Freddie, figlio dell’ultimo maragià dell’impero Sikh); Vittorio Emanuele II (busto offerto da Bassignani stesso, e già alla Casa Italiana del Principato di Monaco); il comm. F. Bulgheroni; il maestoso Duca de La Salle (nel castello d’Aurillac, in Alvernia); M. Lanza; S.A.P. Laris II°; M.me Loros (Parigi); S.E. Pasc (Buenos Aires); Mons. Sayot (chiesa di Cap Flory, in Francia); S.A.S. Louis II°, Prince de Monaco; un autoritratto.
Con la seconda metà degli anni Trenta, l’attività artistica di Umberto Bassignani ebbe praticamente termine. Lo scultore era al massimo della propria espressività artistica, ma l’ultimo suo periodo monegasco fu sostanzialmente privo di importanti commesse.
Una delle ultime soddisfazioni fu costituita da una lusinghiera citazione di una rivista della Costa Azzurra relativa all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937, relativa all’opera in marmo presentata da Bassignani nell’occasione, elegantissima, costituita da una mano che reggeva una maschera, rappresentante il Mondo.
L’imminenza della Seconda guerra mondiale, che vedeva la Francia contrapporsi alla nemica Italia, fece precipitare le cose: l’autorità monegasca gli chiese di decidere di passare definitivamente dalla loro parte o di tornarsene in Italia. Per amor patrio Bassignani lasciò quindi nel 1939 il Principato di Monaco (obbligato a lasciare il suo intero laboratorio con l’eccezione della cassetta degli attrezzi) per Lerici, dove passò gli ultimi anni della sua vita amareggiato dall’inattività, proprio nel momento in cui era pronto per le sue maggiori prove. Morì a Lerici il 21 gennaio 1944, probabilmente per un colpo apoplettico, e la sua salma venne sepolta nel locale cimitero.
Opere principali:
Fivizzano, bozzetto della Resurrezione dei morti;
Fivizzano, monumento a Giovanni Fantoni;
Fivizzano, L’arte farmaceutica;
Principato di Monaco, tomba della Famiglia Sylvain Barral;
Principato di Monaco, tomba di H. Bergeaud;
Principato di Monaco, tomba di Marie-Thérèse Audibert;
Principato di Monaco, tomba di Louis Prouven;
Principato di Monaco, tomba di René Rapaire;
Principato di Monaco, tomba di Yvonne Cappelletti;
Principato di Monaco, tomba di Marie Giroud;
Vazzola, Monumento ai Caduti;
Principato di Monaco, tomba di Amélie Amoretti;
Principato di Monaco, tomba di Umberto Rossi;
Peille, Monumento ai caduti;
Principato di Monaco, tomba di Antoine Gaillard;
Principato di Monaco, tomba di Xaviere Sorasio;
Principato di Monaco, tomba di Jeanne Novaro Icardi;
Principato di Monaco, tomba di Marie Nigro Vascellari;
Saint Quentin, Giovanna d’Arco;
Rostov sul Don, La Doleur;
Principato di Monaco, tomba di Augusto Maccario;
Principato di Monaco, statua del patrono, Saint Nicholas;
Fivizzano, Monumento ai Caduti;
Principato di Monaco, tomba di Yvonne Rigoli;
Principato di Monaco, tomba di Madeleine Louise Massobrio;
Principato di Monaco, tomba di A. Maria Vascellari;
Principato di Monaco, cappella S. Georges;
Gorbio, panchina nella villa Mont-Angel;
Nizza, tomba Durel;
Nizza, tomba Bonfantini;
Nizza, tomba Bongioanni;
Aurillac, busto del Duca de La Salle;
Cap Flory, busto di Mons. Sayot;
Parigi, busto di M,me Loros.
Bibliografia:
Siamo passati, a cura di V. Agnoloni, E. Bellussi, V. Cesana, M. Dall’Ava, A. De Vido, R. Furlan, G. Zaia, (Vittorio Veneto, Dario De Bastiani, 2008).
AMEDEO BENEDETTI, Vita e opere di Umberto Bassignani, scultore, Pisa, Il Campano, 2015.