REPETTI, EMANUELE
di Amedeo Benedetti
Emanuele Repetti fu uno studioso enciclopedico, che abbracciò tutte le scienze, tanto da essere annoverato con onore sia tra gli storici, che tra gli scienziati naturalisti.
Terzo di dieci figli, era nato a Carrara, il 3 ottobre 1776, da Giovan Battista, chiavarese, ed Anna Maggini. Studiò presso il Convento dei Carmelitani di Carrara, con buon rendimento. Nel luglio 1792 il padre, pressato da preoccupazioni economiche, volle avviarlo alla carriera artistica, e specificamente allo studio della scultura (che a Carrara, città del marmo, dava buone possibilità d’occupazione). Il giovane non era però molto portato, e tornò a studiare il latino alle Scuole Pie, agevolato da una richiesta della sovrana Maria Teresa Cybo di preparare un giovane latinista disposto ad entrare come allievo in una farmacia di Pisa, ed a frequentare contemporaneamente anche il corso di Chimica nell’Università. Il sedicenne Emanuele tornò quindi agli studi di retorica sotto la guida del professor Gaetano Stagi.
Per l’abitudine dei farmacisti di Roma di tenere a pensione gli allievi, Repetti venne inviato a Roma, finanziato per tre anni di studi. Partì nella prima metà di dicembre del 1793, avendo nella Città Eterna come unico appoggio lo scultore carrarese Francesco Antonio Franzoni he lo collocò presso la farmacia del professor Vincenzo Garrigos.
Il giovane studioso mostrò una forte passione per le scienze naturali, ed integrava le cognizioni acquisite alle lezioni di Chimica nell’Università, con le osservazioni che aveva modo di fare in farmacia. A Roma Repetti rimase sette anni, passando gli ultimi tre alla Farmacia di Giambattista Marcucci.
Sposatosi con la carrarese Minetta Ghirlanda vedova Campi, nel 1801 ritornò con lei a Carrara, intenzionato ad aprire nella città natale una propria farmacia, ma non ci riuscì.
La cosa fu però possibile a Firenze, dove si stabilì nella Farmacia e Fonderia di S. Teresa in S. Paolino, tenuta dai Padri Teresiani, succedendo a Giovacchino Casini.
A Firenze il Repetti trovò l’ambiente ideale per le sue attitudini scientifiche, grazie anche a
Società scientifiche che portavano alla luce i risultati delle osservazioni compiute in Europa. Lo studioso carrarese estese presto i suoi interessi alla Mineralogia ed alla Geologia, non disdegnando di estendere la sua attenzione ad ogni ramo delle scienze naturali, e perfino alle ricerche storiche.
La sua fama era già in patria sufficientemente alta, tanto da ottenere meritorie menzioni da parte dell’Accademia Eugeniana di Belle Arti, e della spenta Accademia massese De’ Derelitti risorta per opera di col nome di Accademia Scientifico Letteraria delle Alpi Apuane, che lo nominò presto Socio per le classi di Storia e di Filosofia
Rimasto vedovo nel 1810, e dopo aver acquistato nel 1813 la farmacia dei PP. di S. Paolino (in precedenza incamerati dallo Stato) passò a seconde nozze con la fiorentina Giulia de’ Rossi, che gli avrebbe dato dieci figli. Iniziò poi una serie di viaggi geologici per verificare le teorie acquisite con i suoi studi, garantendo così solide basi alle proprie pubblicazioni, fondando ogni sua asserzione su un gran numero di osservazioni.
Attorno al 1819 studiò le cave di Carrara, con l’idea di pubblicare una guida delle Alpi Apuane, non attenta solamente ai fenomeno geologici, ma estesa ad ogni traccia dell’attività umana lasciate in quel territorio, comprese le vicende storiche locali (aiutato in questo anche dalla generosa cessione delle ricerche compiute nell’archivio dei Duchi di Massa da parte di Odoardo Micheli Pellegrini). Il libro uscì l’anno successivo: Cenni sopra l'Alpe Apuana ed i Marmi di Carrara (Badia Fiesolana, 1820), suddivisi in quattro sezioni: Geologia, Topografia, Mineralogia, chimica e Storia.
Il saggio fu accolto molto favorevolmente dagli scienziati italiani e stranieri, e ne costituì sostanzialmente l’inizio della carriera scientifica. Quando Giampietro Viesseux, appena fondata l’“Antologia”, richiamò attorno a sé i migliori ingegni italiani per la collaborazione alla sua rivista, volle accanto a sé Repetti, che fu uno dei più fecondi collaboratori del prestigioso periodico di Palazzo Buondelmonti in piazza S. Trinità.
Nel 1820 erano uscite anche le Osservazioni sopra un aneddoto riguardante la vita di Dante Alighieri (Badia Fiesolana, tomo I, pp. 113-121), già stampate nel “Giornale del Genio”, a dimostrazione della molteplicità d’interessi dello studioso. Negli studi su Dante, Repetti si oppose alle tesi del De Witte sulla data e sull’itinerario della venuta di Dante in Lunigiana, e sostenne l’amico Carlo Troya per quanto riguardava i dubbi sull’autenticità della lettera di Frate Ilario.
Dal 1° agosto 1824 fu socio ordinario dell’Accademia Economico-Agraria de’ Georgofili.
Nel 1826 Repetti prendeva parte (con Giampietro Vieusseux, Gino Capponi, il padre Francesco Inghirami, Guglielmo Libri, Attilio Zuccagni Orlandini) alla nascita in Firenze della “Società di geografia, statistica e storia Naturale Patria” (che ebbe però breve vita), ed avviò i suoi amici a donare le proprie raccolte naturalistiche, come avvenne per Girolamo Guidoni, che procurò una collezione di minerali e rocce raccolti sui monti prospicienti il golfo di Spezia, o quella di minerali dell’Isola d’Elba, offerta dal citato Zuccagni Orlandini, che andarono entrambe a formare il costituendo Museo della Società, che ebbe in Repetti il suo Conservatore.
Nel novembre 1829 il volume dei suoi studi, che ormai richiedeva tutto il suo tempo, costrinse Repetti a vendere la farmacia ai frati di S. Paolino, ed a dimettersi dall’incarico di Segretario degli Atti dell’Accademia de’ Georgofili. Riprese così i suoi viaggi scientifici, sempre stendendone accurate relazioni, a partire dal marzo del 1830, quando insieme al berlinese Federico Hoffmann fece un giro di 25 giorni sui colli marnosi di Volterra, e lungo le valli della Cecina e della Cornia, fino all’Elba, per poi concluderlo a Siena traversando la maremma grossetana. Si rimise poi in viaggio venti giorni dopo, alla volta di Massa Marittima, fino al castello storico di Prata, la cui storia aveva studiato a lungo. Sempre nella primavera del 1830, su invito del Vieusseux, si recò sull’Appennino Tosco-Emiliano, specie nella zona dell’ Alpe di S. Benedetto.
Ripeté poi sostanzialmente il giro effettuato con Hoffmann, questa volta col Vieusseux e con Cesare Airoldi; attraversarono il piano dell’Arbia fermandosi a Buonconvento e quindi a Montalcino, da dove Repetti proseguì da solo per andare a studiare poi i fossili ed i minerali di cui era ricco il suolo di S. Quirico. Recuperati i compagni a Montalcino, arrivò al Monte Amiata, ed al paese della Badia, da dove tutti rientrarono a Firenze.
È probabile che in uno di questi viaggi la consapevolezza della ricca documentazione accumulata portasse lo studioso carrarese all’idea di continuare l’opera di Giovanni Targioni Tozzetti (che aveva pubblicato due opere relative alla Toscana, riguardanti rispettivamente la Corografia e la Topografia fisica), compilando il Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, che sarebbe stata la sua maggior opera.
Riprese pertanto i suoi viaggi in tutte le parti della Toscana, e poté così pubblicare nel maggio del 1831 nell’“Antologia” il Manifesto del Dizionario, dove si proponeva di riportare per ciascun luogo toscano la posizione geografica, la diocesi, il compartimento civile, il clima, le caratteristiche del territorio, le vie di comunicazione, le industrie, le vicende storiche. Un lavoro veramente colossale, per il quale Repetti si rivolse anche a tutti coloro che potevano fornirgli utili notizie dei luoghi che andava via via descrivendo, sempre sottoponendo le informazioni ottenute ad una puntuale verifica.
Tanto per far qualche nome tra i tanti, Repetti ebbe utili indicazioni da personaggi quali: il march. Cesare Lucchesini, e don Telesforo Bini di Lucca, Luigi Santi di MontaIcino, Matteo Zauli di Modigliana, P. Francesco Verità, Girolamo Gargiolli di Fivizzano, l’arciprete Andrea Signani di S. Valentino di Tridozio, Edoardo Mayer e Giuseppe Dernj di Livorno, Francesco Martini di Montevarchi, e molti altri.
L’ammirazione per lo studioso carrarese cresce considerando che l’enorme peso della compilazione di un’opera così ambiziosa venne portato in condizioni fisiche precarie, in mezzo a molte preoccupazioni e sventure domestiche (ad esempio nel luglio 1839 la morte della prediletta figlia Beatrice, precipitata da una terrazza), in stato di precoce invecchiamento.
Il Dizionario, che usciva intanto a partire dal 1833 in fascicoli attesi con impazienza dagli studiosi e dagli appassionati incontrando una straordinaria diffusione (più di 1.000 abbonati!), rimase la sua unica ragione di vita. Nell’Avvertimento dell’opera, in testa al primo volume, scriveva:
ho consumato un mezzo lustro nel percorrere varie contrade, nel visitare biblioteche ed archivj, nel raccogliere o rettificare i fatti che in qualche modo riguardare potevano la topografia fisica, la storia civile o ecclesiastica, l'economia pubblica o privata di una qualche città, terra, castello o villaggio.
Spesse volte accompagnato e generosamente accolto in ospizio da onorevoli amici e dalla innata urbanità dei Toscani, introdotto nei preziosi depositi del medio evo, e più che altrove soffermatomi nel R. Archivio Diplomatico di Firenze, ed assistito dai suoi ministri, l’animo mio non resiste all’impulso che sente di tributare a tutti questi un pubblico omaggio di riconoscenza. […]
Per la posizione geografica dei paesi fu guida costante al mio lavoro la Gran Carta Geometrica della Toscana, opera insigne del chiar. Pad. Gio. Inghirami, mentre per quello che spetta alla distribuzione idrografica ho adottato nella massima parte la divisione per Valli recentemente coordinata e pubblicata dal valente sig. Dott. Attilio Zuccagni Orlandini nel suo Atlante Toscano. Potranno servire di corredo alla presente Opera la Carta Iconografica del sig. Gaspero Manetti, e l’altra Geometrica delle strade e corsi d’acqua principali, in cui si troveranno designate le distanze e stazioni postali, redatte entrambe sulla proporzione di 1 a 510000, per le cure dello stesso sig. Manetti.
Unanimi furono gli elogi dell’opera, che vennero, tra gli altri, da Niccolò Tommaseo, Giovanni de Brignoli, Gino Capponi, Marco Tabarrini, Filippo Gallizioli, Celso Marzucchi, per non citarne che alcuni.
Pubblicato a dispense, per pubblica sottoscrizione, il Dizionario storico geografico e fisico della Toscana formò un’opera di 6 volumi ed uno di supplemento che rimase ultimato nel 1846. L’opera, accolta con grandissimo favore in Toscana e fuori, conserva, a un secolo di distanza il suo altissimo pregio. Ne allestì poi un’edizione ridotta per il Dizionario Corografico dell’Italia, edito dal Civelli. Egli aveva tutto disposto perché fosse provveduto con appendici decennali a tenere al corrente la sua opera; ciò che purtroppo non fu fatto. (A. Mori, “Repetti, Emanuele”, in Enciclopedia Italiana, v. XXIX, Roma, Ist. Enc. Ital., 1936, p. 81)
Intanto a Repetti, unitamente a Giovacchino Taddei, era stato affidato l’esame di una Memoria del conte Federico Larderel sull’acido borico scoperto a Pomarance in Toscana e sul modo di sfruttarlo, con notevole guadagno per lo stato toscano. Il parere del carrarese fu positivissimo.
Nel settembre del 1841, Repetti intervenne a Firenze come socio ordinario e bibliotecario dell’Accademia de’ Georgofili alla III riunione degli Scienziati Italiani, trattando le questioni geognostiche che già aveva anticipato nel Dizionario.
Nel 1843 uscì l’ultimo fascicolo della grande opera.
Altro segno della fama raggiunta fu nel 1843 l’iscrizione tra i soci onorari dell’Accademia
carrarese di Belle Arti, e l’appartenenza a varie associazioni ed istituti di cultura, come l’I. e R. Istituto Lombardo-Veneto, la Società Economico Agraria di Perugia, la prestigiosa Accademia delle Scienze di Berlino, la Società Medico- Chimico-Farmaceutica di Liegi, e varie altre.
Arrivarono nel periodo anche alcuni premi in denaro che certamente alleviarono i disagi finanziari dello studioso. Una volta ultimato il Dizionario ed il suo Supplemento, Repetti continuò a correggerlo e ad integrarlo, come risulta evidente da una copia dell’opera da lui postillata, conservata nella Biblioteca Palatina di Firenze (Ms. 1088).
Nel 1849 morì sua moglie, per una lunga malattia di cuore. Le sue stesse condizioni di salute erano assai precarie, e tali rimasero fino a quando morì per cancrena, il 12 ottobre 1852. Emanuele Repetti venne sepolto il 24 dello stesso mese nel Chiostro di S. Lorenzo in Firenze.
Opere principali:
Cenni sopra l’Alpe Apuana ed i marmi di Carrara, Badia Fiesolana, 1820.
Dizionario Geografico, Fisico, Storico della Toscana, 5 voll., Firenze, A. Tofani (dal 3° vol. Allegrini e Mazzoni), 1833-1843.
Supplemento al Dizionario, Firenze, Gio. Mazzoni, 1845.
Appendice al Dizionario, [volume sesto], Firenze, Gio. Mazzoni, 1846.
Bibliografia:
MARCO TABARRINI, Elogio di Emanuele Repetti, in «Atti dell’Accademia de’ Georgofili», t. XXX (1852), pp. 579-603; poi, con lievi modifiche, in Vite e ricordi d’Italiani illustri del secolo XIX, Firenze, Barbera, 1884, pp. 1-23.
GIOVANNI SFORZA, “Emanuele Repetti”, in Dante e la Lunigiana, Milano, Hoepli, 1909, pp. 365-426.
ELENA FRANZONI, Emanuele Repetti nella vita, negli studi, fra i dotti amici, Barga, Tipografia Bertagni, 1915.