Gargiolli Giovanni

GARGIOLLI, GIOVANNI

di Amedeo Benedetti

 

L’ingegnere e architetto​​ Giovanni Gargiolli, pioniere della fotografia e delle sue applicazioni alla catalogazione delle opere d’arte, fondatore e primo direttore del Gabinetto Fotografico Nazionale, benemerito inventore di apparecchiature fotografiche,​​ nacque​​ a Fivizzano​​ il 18 gennaio 1838, dal letterato e politico​​ Girolamo​​ (all’epoca Segretario dell’Ufficio del Bigallo in Firenze)​​ e Giuseppa Sarteschi, in una famiglia derivante dai Caponsacchi di dantesca memoria,​​ che aveva annoverato un gran numero di illustri componenti.​​ 

Nonostante la tradizione familiare inducesse agli studi letterari,​​ Giovanni disdegnò la filologia​​ in favore delle scienze matematiche.​​ Si laureò infatti all’Università di Pisa nel 1861 in matematiche pure ed applicate, ottenendo successivamente anche il diploma di ingegnere architetto.

Negli anni di studi ed in quelli successivi trascorsi a Firenze, Giovanni frequentò​​ assiduamente numerosi intellettuali, fra i quali Raffaello Fornaciari, Isidoro Del Lungo, Giuseppe Chiarini, Giovanni Targioni, Giulio Cavaciocchi, Torquato Gargani, Pietro Dazzi, e naturalmente Giosuè Carducci, che del​​ gruppo era il leader riconosciuto.​​ 

L’iniziale attività professionale portò​​ inizialmente​​ Gargiolli in Abruzzo​​ dove​​ operò​​ nella costruzione di tronchi ferroviari, per poi essere attirato​​ nel 1873 a Roma,​​ dove i lavori per adattare la città al nuovo ruolo di capitale d’Italia la rendeva​​ un immenso cantiere.​​ 

Oltre alla costruzione di edifici d’abitazione civili, Gargiolli ebbe nel 1879 un incarico di indubbio prestigio, essendogli stata affidata la ristrutturazione del palazzo Wedekind, l’antico palazzo delle Poste Pontificie in piazza Colonna, acquistato l’11 settembre 1877 dal facoltoso banchiere tedesco Roberto Wedekind.​​ Tra il 1882 ed il 1884​​ fu​​ poi​​ impegnato nella costruzione di edifici nelle aree occupate un tempo dalle ville Peretti e Bonaparte.​​ 

La sopraggiunta grande crisi edilizia che colpì Roma attorno agli anni 1887-1888​​ (che travolse non solo i molti improvvisati imprenditori, ma anche gli istituti di credito più esposti nei confronti del Comune)​​ spinse​​ Gargiolli​​ a​​ trasformare in professione quello che era stato fino ad allora il passatempo preferito: la fotografia.

Fondò dapprima a Napoli, nel marzo 1888, unitamente al principe Antonio Ruffo della Scaletta, l’Associazione degli amatori di fotografia​​ (la prima del genere in Italia, precedente di un anno la più famosa​​ Società Fotografica Italiana​​ di Firenze), per dar poi vita l’anno successivo alla sezione romana della società, divenendone per vari anni segretario.​​ 

Nel​​ maggio 1889 l’Associazione inaugurò la prima esposizione annuale di fotografia tenutasi a Roma, nel padiglione di palazzo Colonna.​​ Lo stesso​​ Gargiolli​​ partecipò​​ con tutta la gamma delle proprie capacità artistiche e tecniche (ritratti, ​​ paesaggi, istantanee, riproduzioni, trasparenti).​​ La mostra,​​ che fu​​ visitata dal principe di Napoli e dalla regina Margherita, ebbe notevole successo.

Dal maggio 1889 il Gargiolli collaborò attivamente anche all’organo societario, il «Bollettino dell’Associazione degli amatori di fotografia in Roma», con numerosi saggi di carattere tecnico-fotografico.

Per le notevoli​​ conoscenze tecniche​​ e la riconosciuta bellezza delle sue immagini, Gargiolli venne chiamato,​​ sempre​​ nel 1891, alla Calcografia Nazionale, a dirigerne il laboratorio di fotoincisione, attrezzato per la riproduzione dei monumenti e delle opere d’arte con​​ la​​ moderna fotografia,​​ sicuramente più celere ed economica della vecchia incisione.

Ma le due diverse tecniche (incisione e fotoincisione) entrarono presto in contrasto anche a livello di responsabili: nel dicembre 1894, Alberto Maso Gilli,​​ direttore dell’istituto, protestava​​ gelosamente nei confronti del Gargiolli, accusandolo di eccessive invadenza ed intraprendenza, visto che proveniva dall’estero materiale fotografico indirizzato al Gargiolli​​ qualificato come “direttore della Calcografia.

Il laboratorio​​ del fivizzanese​​ fu​​ quindi​​ soppresso, e per utilizzare​​ l’importante​​ materiale​​ ricavato da​​ Gargiolli,​​ gli venne dato​​ l’incarico di eseguire fotografie in servizio dell’Ufficio Tecnico pei monumenti.​​ Così, in un laboratorio sito in via in Miranda, in un vecchio convento a ridosso della basilica dei SS. Cosma e Damiano, nasceva il futuro Gabinetto Fotografico Nazionale,​​ anche se amministrativamente e normativamente il nuovo organismo sorgeva zoppo, non avendo piena autonomia e ufficialità, con conseguenti continui e fastidiosi disservizi.

Il laboratorio, per circa un decennio, adempì comunque contemporaneamente a diverse funzioni; era anche il luogo di studio delle importanti innovazioni tecniche del Gargiolli: oltre ai suoi esperimenti sulla stampa al carbone, costruì nel 1896 un teleobiettivo, sperimentato con una ripresa da Monte Mario della cupola di San Pietro. L’apparecchio fu giudicato tanto efficace da suscitare l’interesse dell’esercito, che chiamò il Gargiolli a divenire consulente esterno della nuova sezione fotografica della Brigata Specialisti del Genio.  ​​​​ 

Inoltre, stando alla testimonianza rilasciataci dal dottor Luigi Marrone di Roma (Tornimparte, 1914 – Roma, 2007), consistente nella verbalizzazione di alcuni ricordi trasmessigli dallo zio paterno, cavalier Francesco Marrone, Gargiolli perfezionò un tipo di macchina stereofotografica con relativo visore.

Sempre nello stesso periodo il fotografo fivizzanese fu chiamato ad impiantare un piccolo ma completo laboratorio fotografico al Quirinale, ad esclusivo uso di Elena di Savoia, appassionata fotografa.

Una memoria ci consegna anche il caratteristico ritratto del grande fotografo:

 

Era, il Gargiolli, alto e dinoccolato; “toscano” fin nel midollo del suo “vasto” scheletro, leggermente curvo, con gli occhiali a “pince nez”, assicurati al collo da un cordoncino nero; trasandato nel vestire ma sempre con addosso un logoro soprabito variamente ... macchiato di acidi, ma necessario perché a quei tempi non esisteva, in quei vetusti locali, alcun sistema di riscaldamento. Non si curava affatto di proteggersi, comunque, le dita, del tutto annerite dall’azione degli acidi fotografici che gli avevano rose - incredibilmente - tutte le unghie fino alla loro radice. Il volto, quanto mai espressivo, con occhi chiari, pungenti, nello sguardo bonario e franco; barba costantemente lunga e incolta... di molti giorni! Ma la cosa più caratteristica nel suo viso erano i baffi lunghi e spioventi, a spazzola ma con i peli di tutte le lunghezze, consumati e anneriti negli angoli della bocca perché bruciacchiati dall’inseparabile sigaro, “toscano” anch’esso.​​ (E. Valenziani,​​ memoria rilasciata a Carlo Bertelli in data 1.04.1971, tra le carte del G.F.N.)

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La maggior funzione del G.F.N. era​​ ormai divenuta​​ quella più prettamente commerciale, relativa alla vendita del materiale fotografico di propria edizione: Gargiolli compì in quegli anni un notevole sforzo per inserire il G.F.N. nel ristretto novero delle grandi case produttrici di immagini artistiche, tentativo testimoniato dalla pubblicazione del primo catalogo, nel 1903.

I risultati furono perlomeno lusinghieri, come dimostra​​ il raffronto​​ tra​​ le produzioni G.F.N.​​ e quelle della maggior casa fotografica privata italiana,​​ l’Alinari, risultanti dai cataloghi delle due case in periodi più o meno contemporanei​​ (cfr. A. Benedetti,​​ L’attività romana di Giovanni Gargiolli, in «Archivio Società Romana di storia patria», vol. 133 (2010), pp. 161-183.).​​ La grossa differenza in favore del G.F.N. stava però nella qualità: le lastre, per esempio, non venivano mai ritoccate, tecnica molto praticata dalle case fotografiche private, allo scopo di rendere più “vera” la realtà.​​ Invece Gargiolli voleva che le foto, più che gradevoli e riuscite,​​ fossero​​ certificatrici, documentarie, volte alla fedele registrazione del reale aspetto dell’oggetto artistico rappresentato. Purtroppo l’intero archivio fotografico di Gargiolli confluì subito, senza alcuna distinzione, nell’immenso fondo del G.F.N., rendendo così ardua l’opera di attribuzione delle sue foto.​​ 

L’altra grande attività demandata in quegli anni al G.F.N., fu​​ quella inerente alla catalogazione, con la conseguente schedatura fotografica delle opere d’arte della nostra nazione, schedatura nella quale Gargiolli fu coinvolto​​ con ​​ notevole aggravio di lavoro​​ mentre un nugolo di disegni di legge informanti la materia, spesso in contrasto gli uni con gli altri, erano continuamente riproposti e continuamente respinti, a causa principalmente di un malinteso senso di liberalismo che impedì la salvaguardia del nostro patrimonio artistico in nome dell’intoccabilità del diritto di proprietà privata.​​ 

Nel 1905, nell’elegante palazzetto Le Roy di Roma, si tenne una mostra di fotografia archeologica ed architettonica, ed il fivizzanese presentò​​ diverse superbe fotografie di Tarquinia e​​ Viterbo.

La situazione​​ del G.F.N.​​ era lucidamente analizzata dal grande storico dell’arte Pietro Toesca:

 

Da qualche anno il Ministero della Pubblica Istruzione ha istituito un proprio ufficio fotografico, affidandolo ad un uomo che sa vincere con ricerche pazienti ogni difficoltà tecnica e che è animato da un ardente amore dell'arte [...]. Ma per quanto esso sia stato sapientemente diretto, conviene riconoscere che l’attività dell’Ufficio fotografico non ha avuto ancora quello sviluppo organico e quell’ampiezza che è richiesta non solo ai bisogni della coltura, ma anche dalla necessità di conservare in qualche modo una memoria sicura dei tesori che una sventura improvvisa ci può sempre rapire. ​​ Il lavoro è proceduto finora troppo a sbalzi, occorre renderlo più sistematico e, soprattutto, più esteso [...]. Il lavoro sarà enorme, [...] ed è​​ assurdo il pensare che ad esso possa bastare l’Ufficio fotografico centrale [...].​​ 

Noi crediamo di interpretare esattamente il pensiero dell’ing. Gargiolli, la persona più competente in questo argomento, riflettendo che la formazione di un personale speciale da inviare nei vari luoghi a seconda del bisogno assorbirebbe troppo denaro, creando all’impresa un ostacolo insormontabile. Senza soverchio aumento di spese, qualcuno dei funzionari già addetti agli istituti in cui dovranno eseguirsi le riproduzioni fotografiche potrebbe invece ricevere l’incarico del lavoro, dopo aver avuto quella sufficiente istruzione speciale che sarà impartita dall’Ufficio centrale di Roma. [...]

Se [...] si vorrà adottare questo più modesto disegno, presto potremo annunciare che dovunque ferve il lavoro per la formazione del grande archivio dell’arte italiana.​​ (P. Toesca,​​ L’Ufficio fotografico del Ministero​​ della Pubblica Istruzione,​​ in «L’Arte», 1904, pp. 81-82).

 

Quella grande occasione sfumò, né si realizzò mai in seguito.​​ 

Nel 1906, Gargiolli​​ iniziò ad assicurare al G.F.N. importanti collezioni fotografiche,​​ acquistando​​ da Lodovico Tuminello una cospicua collezione di negativi calotipici, in parte prodotti da Tuminello stesso, in parte di Giacomo Caneva, oltre a riproduzioni dalle foto di Parker.

Nel 1911 a Roma, in Castel Sant’Angelo, venne organizzato dalla​​ Associazione Amatori di Fotografia​​ il III Congresso fotografico italiano, che suscitò vasta eco e notevole affluenza di pubblico. Gargiolli ebbe parte attiva ai lavori, ricoprendo unitamente a Rodolfo Namias la carica di vicepresidente, oltre che di membro della giuria aggiudicatrice dei premi per il concorso fotografico annesso alla manifestazione.

La carenza cronica di fondi e la mancata regolamentazione del G.F.N., portarono Gargiolli a minacciare le dimissioni​​ alla fine del 1911, senza che ne scaturisse nulla.​​ Gargiolli, ormai vecchio ed amareggiato,​​ si ammalò gravemente.​​ Morì a Roma, il 10 gennaio 1913.

Le fotografie del fondatore del Gabinetto Fotografico Nazionale finirono, come si è detto, frammiste a quelle di altri operatori, perdendo purtroppo l’indicazione del loro autore. Anche l’archivio personale di Giovanni Gargiolli, ricco di lettere di molti dei più bei nomi della cultura italiana dell’epoca,​​ non è stato più ritrovato.

 

Bibliografia:

CARLO​​ BERTELLI,​​ Il Gabinetto Fotografico Nazionale, in «Musei e Gallerie», (1967).

AMEDEO​​ BENEDETTI,​​ Vita di Giovanni Gargiolli, fondatore del Gabinetto Fotografico Nazionale, Pisa, Il Campano, 2012.

AMEDEO​​ BENEDETTI,​​ Nascita e avvio del Gabinetto Fotografico Nazionale, ad opera di Giovanni Gargiolli, in “Le Carte e la Storia”, a. XIX (2013), n. 1, pp. 111-132.

AA.VV.,​​ Il viaggio in Italia di Giovanni Gargiolli, Roma, I.C.C.D., 2014.