SFORZA, GIOVANNI
di Amedeo Benedetti
Giovanni Sforza, il maggior storico espresso dalla Lunigiana, nacque il 3 luglio 1846 a Montignoso, da Pietro, e dalla nobile lucchese Marianna Gabrielli.
Il giovane rivelò ben presto una notevole inclinazione per gli studi umanistici, e già a 15 anni, raccoglieva materiali per scrivere le “Memorie storiche di Montignoso”.
I suoi inizi di carriera furono notevolmente aiutati dall’archivista, bibliofilo e storico lucchese Salvatore Bongi (Lucca, 1825 – ivi, 1899).
Sforza studiò successivamente Lettere a Pisa fino al marzo 1865, quando l’Ateneo pisano abolì gli uditori. Iniziò quindi a pubblicare, giovanissimo: il primo lavoro di discreto spessore culturale, La congiura di Pietro Fattinelli, lo scrisse in quello stesso 1865, a 19 anni, dedicandolo a Bongi.
Giovanni maturò inoltre subito notevoli esperienze in campo bibliografico-archivistico, dapprima lavorando all’Archivio di Stato di Lucca, dove Bongi e Cesare Guasti, architettarono il modo di farlo entrare in qualità di “volontario”.
Sforza ebbe poi modo di raffinare la sua cultura a Firenze, alla scuola di archivistica messa in piedi da Francesco Bonaini all’Archivio di Stato. Migliore scuola archivistica, all’epoca, Sforza non poteva avere:
Fin dal 1856, per offrire agli “apprendisti” dell’Archivio la preparazione scientifica necessaria al loro lavoro, fu aperta all’interno dell’istituto una Scuola di paleografia e diplomatica, le cui lezioni furono affidate a Carlo Milanesi; nel 1860 la Scuola assunse carattere pubblico e fu equiparata ai corsi di specializzazione post-universitaria dell’Istituto di Studi Superiori pratici e di perfezionamento, fondato a Firenze nel 1859 dal governo provvisorio toscano. (R. Manno Tolu, Le fonti archivistiche fiorentine nella storiografia internazionale, in L’Archivio di Stato di Firenze, a cura di R. Manno Tolu e A. Bellinazzi, Firenze, Nardini, 1995, pp. 9-10).
Nel 1867 Sforza fu chiamato da Bonaini all’Archivio di Pisa, dove si adoperò per l’ordinamento. L’ambiente non risultò però gradito allo Sforza, che entrò presto in conflitto col Segretario dell’Archivio, Tanfani Centofanti. Cercò quindi in tutti i modi di tornare a Lucca, generando notevole irritazione nei dirigenti degli archivi toscani Bonaini e Guasti, arrivando addirittura ad inviare una lettera di dimissioni al Ministro (poi ritirate).
Nel maggio 1868 era intanto divenuto Socio della Regia Deputazione di Storia Patria delle Province Modenesi, dove ebbe modo di conoscere studiosi quali Cesare Cantù, Giuseppe Campori, Tommaso Casini. Lo studioso lunigianese, d’altra parte, aveva – a detta del deputato Paolo Boselli – un carattere adatto al suscitare stima e simpatia:
Egli era, nel conversare, arguto, acuto, colorito, abbondante di ricordi notevoli, fecondo di aneddoti curiosi, ora sorridente con amenità, con ingenuità, tratto tratto sdegnoso con impeto di voce, con acerbità di animo aperto: allora prorompevano dal suo labbro i fieri giudizi sugli uomini, sui libri: ma di subito la celia indulgente e l’intenzione imparziale temperavano l’ira del giambo passeggiero. (P. Boselli, PAOLO BOSELLI introduzione alla Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza, Lucca, Tip. Baroni, 1920, p. 4)
Nel settembre 1869 Giovanni si unì a Lucca in matrimonio con Elisa Pierantoni. In quel periodo Sforza si occupò più che altro di storia lunigianese, senza lasciarne quasi luoghi inesplorati.
L’anno successivo Sforza riuscì a tornare nuovamente a Lucca, dove gli venne pochi mesi dopo assegnata la direzione del locale Archivio. Iniziò in quel periodo a cercare di costituire una analoga istituzione a Massa, per cui ebbe dal Ministero dell’Interno l’incarico di procedere ad un censimento degli archivi esistenti nelle zone di Massa e di Carrara, censimento i cui risultati presentò nel 1874. La relazione fu convincente, ed il Ministero prese in considerazione l’idea di fondare in Massa il locale Archivio di Stato.
Proseguiva intanto anche l’attività editoriale dello studioso: nel 1874 uscì il suo Saggio d’una bibliografia storica della Lunigiana, frutto di molti anni di lavoro, utilissimo per ogni studioso che si occupi della Val di Magra. Lo sforzo compiuto per l’impegnativa ricerca ed il compiacimento dello studioso per il risultato finale erano evidenziati dal particolare incipit:
Non ho perdonato né a tempo, né a fatiche, né a spese per rendere compiuta, quanto per me si poteva, questa Bibliografia; nella quale ho descritto tutti gli Statuti, e tutte le opere così edite come inedite, che in cinque anni di pazienti ricerche mi sono venute alle mani, e che giovano a illustrare, più o meno largamente, la storia politica, legislativa, ecclesiastica, artistica, letteraria e commerciale della Lunigiana.
Si apriva subito dopo anche un altro filone degli interessi intellettuali di Sforza, e forse il più elevato, vale a dire quello relativo agli studi sul Manzoni. Era una scelta quasi obbligata, visti i rapporti intercorsi col cugino Giovanni Battista Giorgini, che aveva sposato Vittoria, figlia del grande scrittore milanese. L’impegno di Sforza al riguardo iniziò nel 1875, quando uscirono le Lettere di Alessandro Manzoni, in gran parte inedite, raccolte e annotate (Pisa, Nistri, 1875, pp. XVI-488). L’opera, dedicata a Vittoria Manzoni, presentava però più di un difetto e di una forzatura. Anzitutto lasciava a desiderare la completezza del materiale pubblicato: mancavano infatti le missive di interlocutori importanti del grande romanziere, primo fra tutti Claude Fauriel: Sforza per ottenerle aveva fatto intervenire Costantino Nigra, al momento senza riuscita. Molte erano poi le lettere trascurabili inserite, di nessuna importanza al fine di conoscere meglio la figura di Manzoni o di illustrarne l’opera. L’iniziativa editoriale, prevista in più volumi, non fu però completata, perché Nistri fallì.
Nel 1879 Sforza pubblicò la voluminosa opera Francesco Maria Fiorentini ed i suoi contemporanei lucchesi (Firenze, P. Menozzi e compagni, 1879, pp. 844), saggio di storia letteraria del secolo XVII. Continuava inoltre a cercare un nuovo editore per continuare la pubblicazione delle lettere di Manzoni, che si concretizzò nel 1882, ampliando notevolmente la precedente parziale edizione del 1875. L’editore Paolo Carrara si proponeva un’edizione in tre volumi, ma il terzo non vide mai la luce, e anche questa edizione restò incompleta, con un ennesimo piccolo strascico giudiziario. Per quanto riguarda il contenuto dei due volumi editi, c’è da osservare il notevole incremento delle missive, triplicate, con il determinante inserimento delle lettere di Fauriel ed altri importanti interlocutori del Manzoni. Un buon apporto derivava anche dalla riproposizione di ciò che altri autori avevano trovato e pubblicato dal 1875 in poi:
in questa raccolta, l’autore, oltre le lettere manzoniane già da lui pubblicate nel 1875, riunì tutte quelle stampate in varie riprese dal Magenta [Mons. Luigi Tosi e Alessandro Manzoni, Pavia, Tip. Bizzoni, 1876], dal De Gubernatis [Il Manzoni ed il Fauriel studiati nel loro carteggio inedito, Roma, Tip. Barbera, 1880; Eustachio Degola, il clero costituzionale e la conversione della famiglia Manzoni, Firenze, Barbera, 1882], da Matteo Ricci [Lettere inedite di A. Manzoni a Massimo D’Azeglio, “Rassegna Nazionale”, a. II (1880), fasc. 4], dal Saraceno [L’edizione illustrata dei Promessi Sposi. Lettere di Alessandro Manzoni a Francesco Gonin, Torino, F.lli Bocca, 1881], ecc., e molte altre apparse qua e là isolatamente in opuscoli, periodici, giornali. (E. Gnecchi, Lettere inedite di Alessandro Manzoni, Milano, Enrico Richiedei, 1896, pp. XII-XIII)
Nel 1884 venne pubblicata una delle opere più celebrate di Sforza: La patria, la famiglia e la giovinezza di Papa Nicolò V (Lucca, Tip. Giusti, 1884, pp. 400), tradotta anche in tedesco. Il lavoro sul grande papa sarzanese accrebbe ulteriormente la stima degli storici per Sforza, compressa quella del grande medievista tedesco Ferdinand Gregorovius.
A partire dai primi mesi del 1885 Sforza mirò a diventare direttore della Biblioteca Pubblica di Lucca, mettendo in campo tutte le conoscenze di cui disponeva, senza tuttavia riuscirvi, poiché la nomina era riservata per regolamento unicamente a chi faceva parte del ruolo organico della Biblioteca.
Ma la delusione venne presto cancellata nella primavera del 1887, quando venne finalmente aperto l’Archivio di Stato di Massa, di cui Sforza fu nominato primo Direttore.
Egli diede al complesso archivistico di Massa un ordinamento che venne mantenuto anche in seguito, essendosi rivelato perfettamente adatto alle caratteristiche dell’organizzazione del piccolo Stato massese. Si occupò anche di formare un’adeguata biblioteca a supporto dell’archivio, indispensabile per ogni ricerca di storia locale.
Nell’estate 1889 lo studioso appariva immerso in studi sulla Rivoluzione Francese, in preparazione ad un proprio studio sul giacobinismo italiano.
Il prestigio che intanto aveva accumulato lo Sforza è dimostrato dai lavori del V° Congresso Storico Italiano, tenutosi a Genova dal 19 al 27 settembre 1892, nel quale egli ebbe l’onore di essere il Segretario, e dove richiamò l’attenzione sull’utilità « di dar mano ad una bio-bibliografia degli scrittori italiani, compilata per regioni con uniformità di metodo, e da stamparsi in uno stesso formato dalle singole deputazioni e società storiche, tenendo presente l’opera del Mazzuchelli, con le modificazioni richieste dai progressi della critica » (Atti del quinto congresso storico italiano, Genova, Società Ligure di Storia Patria, 1893, p. 116).
Le condizioni economiche familiari, a dispetto delle molte cariche e dell’indubbio prestigio, erano abbastanza modeste. Giovanni, tutto preso dall’amore per la cultura, spendeva molto per pubblicare preziose monografie, che stampava a 50 esemplari numerati (e che sono quindi oggi autentiche rarità bibliografiche).
Nel 1895 morì Ruggiero Bonghi, che si stava occupando della pubblicazione delle Opere inedite e rare del Manzoni (Milano, E. Richiedei), iniziata nel 1883 e giunta nel 1891 al quarto volume. Così il senatore Pietro Brambilla (che aveva sposato una nipote del Manzoni), diede incarico allo Sforza di terminare l’opera. Il quinto e ultimo volume delle Opere inedite e rare del Manzoni uscì nel 1898. L’anno successivo uscirono anche gli Scritti postumi manzoniani (Milano, E. Richiedei, 1900), in un volume di 421 pagine. L’opera doveva poi continuare con un volume di postille del Manzoni a varie opere possedute tra cui il Vocabolario degli Accademici della Crusca, che però non vide mai la luce.
Nel 1900 Sforza preparò anche i Documenti inediti per servire alla vita di Ludovico Ariosto (Modena, Soc. Tip. Modenese).
Nell’estate 1903 lasciò l’Archivio di Massa, per diventare Sovrintendente agli Archivi piemontesi, e Direttore dell’Archivio di Stato di Torino, che era allora il primo d’Italia per importanza. La possibilità di avere a disposizione una grande mole di interessante nuova documentazione, portò lo studioso a lasciare un poco in secondo piano la storia locale lunigianese per dedicarsi ad approfonditi studi sul Risorgimento italiano, pubblicando su tale materia articoli di grandissimo interesse, riguardanti personaggi quali D’Azeglio, Gioberti, i Durando, A. Lamarmora, Carlo Botta, Camillo Cavour, Mazzini, Guerrazzi, Giovanni Prati, i fratelli Bandiera, Pellico, Maroncelli.
Nel corso del 1905 vennero editi a sua cura i Brani inediti dei Promessi Sposi (Milano, Hoepli, 1905). preceduti da un suo studio su I primi romanzi storici in Italia e le minute autografe de’ “Promessi Sposi” (pp. XI-LXVIII).
Anche nel periodo “torinese” dello Sforza, gli studi di storia lunigianese non furono comunque abbandonati del tutto: nel 1907 uscirono la Storia di Pontremoli dalle origini al 1500 (Firenze, L. Franceschini e C., 1904), considerata da molti autori un modello per gli studi di storia locale, e – in vari fascicoli sulle pagine del «Giornale storico e letterario della Liguria» – il Contributo alla vita di Giovanni Fantoni (Genova, Tip. della Gioventù), che costituisce ancor oggi la migliore biografia del poeta lunigianese.
Nel 1909 Sforza si occupò dell’insurrezione di Modena del 1831 (La rivoluzione del 1831 nel Ducato di Modena, Roma, Dante Alighieri), ricordando come il governo provvisorio avesse tra l’altro abolito le leggi relative alla censura dei libri, ed assunto l’impegno di provvedere all’istruzione gratuita. Nel corso dell’anno, per i festeggiamenti del sesto centenario del soggiorno dell’Alighieri in Lunigiana, Sforza produsse varie biografie di illustri conterranei, comprese in uno dei più importanti testi mai editi sulla storia della Val di Magra: Dante e la Lunigiana, Milano, Hoepli, 1909.
Nel 1910 uscì a sua cura Nel primo centenario della nascita di Camillo Cavour. Ricordo del Comitato Piemontese per la storia del Risorgimento italiano. La trama diplomatica fu ben ricostruita da Sforza attraverso importanti documenti editi e soprattutto inediti.
A Sforza arrivò in quel periodo pure il titolo di Conte, e una medaglia d’oro dalla città di Lucca. Dall’autunno 1910 gli venne anche affidata l’incombenza temporanea di riordinare l’Archivio di Stato di Venezia, senza abbandonare l’incarico di Torino.
Nel 1912 uscì finalmente il primo volume del nuovo Carteggio di Alessandro Manzoni (Milano, Hoepli, 2 v., 1912-1921), curato da Sforza con la collaborazione del giovane storico Giuseppe Gallavresi (Milano, 1879 – ivi, 1936), volume che presentava 285 lettere, scritte fino al 1821. Questo primo volume, unitamente al secondo che sarebbe uscito vari anni dopo, costituì in ogni modo il coronamento degli interessi in ambito manzoniano dello studioso montignosino.
Dopo un cinquantennio di attività e raggiunti i settant’anni, Giovanni Sforza lasciò il suo ufficio nel 1916. Utilizzò inizialmente il maggior tempo a disposizione in ricerche di carattere linguistico, come farebbe supporre il suo incarico di socio corrispondente dell’Accademia della Crusca, dal 12 giugno 1916, ma soprattutto in studi risorgimentali.
Nel 1920 ebbe la soddisfazione di vedere il figlio Carlo (Montignoso, 1872 – Roma, 1952) divenire Ministro degli esteri nel Governo Giolitti.
Gli venne dedicata nello stesso anno anche la pubblicazione della Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza (Lucca, Tip. Baroni), ma il volume – nonostante il frontespizio rechi come anno di edizione il 1920 – venne edito solamente nel 1923. Sforza meritava ampiamente un tale omaggio: le sue pubblicazioni, aventi sempre carattere di novità, toccavano ormai il mezzo migliaio, con la maggior parte dei titoli rintracciabile nell’ambito delle Accademie e delle Società storiche e letterarie di Lucca, di Modena, di Venezia, della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, dell’Accademia delle Scienze di Torino.
Occorre però anche aggiungere, per quanto riguarda la metodologia impiegata, che non tutti i suoi lavori, che rimettevano alla luce importante documentazione, erano sempre anche arricchiti da valutazioni o interpretazioni complessive penetranti, come notò Mario Niccolò Conti, che dello Sforza fu discepolo:
Vedo piuttosto nella consuetudine alla compilazione di schede di archivio l’adagiamento ad una forma, che già rilevabile in lavori non propriamente recenti, si accentuò negli ultimi anni fino all’eccesso che si verifica in quel secondo capitolo che è l’ultimo, ripeto, lavoro dello Sforza: elencazione dei fatti e degli accadimenti sottolineata da gran numero di citazioni di archivio sempre meno ravvivate da giudizio meglio da critica.
(M.N. Conti, Dell’abate Emanuele Gerini e delle carte malaspiniane, “Archivio Storico delle Province Parmensi”, 1975, vol. 27, p. 68)
Il 29 gennaio 1921, il vecchio studioso cadde rovinosamente per le scale della sua casa di Montignoso. Fu quindi immobilizzato molti giorni a letto, per poi passare le giornate su una poltrona, senza potersi muovere. Non si riprese mai più del tutto.
Nel corso dell’anno uscì finalmente anche il secondo volume del Carteggio di Alessandro Manzoni (Milano, Hoepli, 1921, pp. XXIV-760), curato da Sforza sempre con Giuseppe Gallavresi, edizione che ultimava la meritoria attività dello studioso toscano relativa alle lettere del grande romanziere, mentre continuavano ad uscire in varie riviste vari contributi di argomento risorgimentale.
Nel settembre 1922 Sforza fu eletto Socio della prestigiosa Accademia dei Lincei; era un riconoscimento che meritava largamente (giusto premio per una vita spesa per lo studio e l’erudizione), ma non ebbe la soddisfazione di venirne a conoscenza: si spense infatti a Montignoso il 1° ottobre 1922, mentre la citata nomina gli stava giungendo da Roma.
Opere principali:
Memorie storiche di Montignoso di Lunigiana, Lucca, tip. di B. Canovetti, 1867;
Saggio di una bibliografia storica della Lunigiana, Modena, Tip. Carlo Vincenzi, 1874;
Lettere di Alessandro Manzoni, in gran parte inedite, raccolte e annotate, Pisa, Nistri, 1875;
Francesco Maria Fiorentini ed i suoi contemporanei lucchesi, Firenze, P. Menozzi e compagni, 1879;
La patria, la famiglia e la giovinezza di Papa Nicolò V, Lucca, Tip. Giusti, 1884;
Brani inediti dei Promessi Sposi, Milano, Hoepli, 1905;
Carteggio di Alessandro Manzoni, Milano, Hoepli, 2 v., 1912-1921;
Bibliografia:
FERDINAND GREGOROVIUS, lettera del 15 giugno 1884 a Giovanni Sforza, in “La Lunigiana”, Sarzana, a. XV, n. 25, 22 giugno 1884, p. 1.
PAOLO BOSELLI introduzione alla Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza, Lucca, Tip. Baroni, 1920;
L. BAZZI-SCOTTI, “L’Uomo”, in Giovanni Sforza. La bibliografia dei suoi scritti e quattro discorsi commemorativi pubblicati a cura del Municipio di Montignoso in Lunigiana, Lucca, Tip. Baroni, 1923;
GIOVANNI CANEVAZZI, Giovanni Sforza, Commemorazione tenuta nella tornata 10 febbraio 1923 della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi, Modena, Soc. tip. Modenese, 1923;
GIACOMO GORRINI, Necrologia del Conte Giovanni Sforza, Firenze, Deputazione Toscana di Storia Patria, 1925;
AMEDEO BENEDETTI, Giovanni Sforza, storico del Risorgimento, in “Rassegna Storica Toscana”, a. LV, n. 2, luglio-dicembre 2009, pp. 477-495.
AMEDEO BENEDETTI, Giovanni Sforza, Dante e la Lunigiana, in “L’Alighieri”, a. LI (2010), n. 36, pp. 125-139.
AMEDEO BENEDETTI, Contributo alla vita di Giovanni Sforza, in “Atti e memorie della Deputazione di St. Patria per le Prov. Modenesi”, serie XI, vol. XXXIII (2011), pp. 301-333.